Pavlove der Visionär (12)
© Pavlove der Visionär

Testo e foto di Pavlove der Visionär.

 

Incipit

Vi vorrei raccontare una storia, la storia di Pavlove il cane o meglio il cane di Pavlov e come da questo strano gioco verbale due anni fa ebbe inizio Inneres Auge1. Forse non tutti ricorderanno a cosa mi riferisco quando cito il cane di Pavlov, rinfrescherò la memoria ai più sbadati. Pavlov fu un fisiologo russo che alla fine dell’ottocento studiò i riflessi condizionati dei cani, una sorta di approccio scientifico per capire il funzionamento degli organismi viventi anche in relazione al proprio ambiente vitale. Non ho mai stimato quest’uomo che trattava gli animali come cavie, tuttavia mi ispirò per lo sviluppo di un progetto fotografico che pochi mesi dopo avrei deciso di chiamare Inneres Auge.

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L’idea di crearmi un alter-ego che andava in qualche modo ad invertire i sopracitati ruoli cane-scienziato, oramai noti nella storia dell’etologia, mi affascinava molto, avrebbe reso il mio progetto più distaccato ed oggettivo. Un cane, Pavlove, avrebbe così iniziato a studiare fotograficamente i comportamenti umani da cui era incuriosito.

L’Uomo in controluce nello spazio

Volevo approfondire visivamente alcune questioni che da sempre mi affascinano: le persone, gli spazi e le conseguenti relazioni che nascono dall’interazione tra i due. Come interagiscono le persone con i luoghi da loro vissuti quotidianamente? Qual è il fattore che ne definisce i reali equilibri? Sono le persone ad influenzare i luoghi o viceversa? Più erano le domande che mi ponevo più mi interessava provare ad andare a fondo della questione. Cercai di capire se ci fosse una scienza che studiasse la relazione tra persone e spazi, per prenderne spunto o quantomeno aver un’idea di massima dell’argomento. Incappai nelle teorie della cosiddetta Architettura abitativa, troppo poco emotive per darmi una risposta esauriente.

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© Pavlove der Visionär

Decisi di focalizzare il mio lavoro circoscrivendolo ad una cerchia mirata di persone da analizzare in modo da non cadere in grossolani errori deduttivi. Avrei preso in considerazione la categoria di “giovani creativi viventi in Milano”, intendendo per creativi persone capaci di creare o inventare qualcosa di nuovo applicato a qualsiasi ambito lavorativo. Avrei cercato di analizzare visivamente i più disparati ambiti della creatività fotografando gli stessi creativi negli spazi da loro vissuti. Un approccio quasi psicologico ad un lavoro che fin ad ora aveva ben poco di fotografico.

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© Pavlove der Visionär

Ego

Da questi presupposti Pavlove der Visionaer, identità sconosciuta ai molti, iniziò a sviluppare concretamente il progetto Inneres Auge. Crearsi un alter-ego avrebbe in qualche modo ostacolato la comunicazione con le persone che volevo coinvolgere nel progetto, ma lo trovavo un elemento fondamentale: chi contattavo non aveva in nessun modo la possibilità di crearsi nessun preconcetto sul mio conto. In questo modo emergeva il lavoro fotografico, l’idea, mentre il resto passava in secondo piano. Questa scelta dell’anonimato, anche se all’apparenza un’inutile rigidità che spesso faceva desistere le persone da me contattate, si è rivelata una scelta strutturale incidente e utile a garantire la sicurezza di coinvolgere persone realmente motivate a prendere parte al progetto.

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© Pavlove der Visionär

De Rerum Natura

L’organizzazione dei ritratti è stata la fase più delicata. Mi ero imposto di essere il meno invasivo possibile, dovevo essere una presenza-assenza, una sorta di registratore visivo inserito in un contesto quotidiano in cui una persona vive lo spazio, il suo spazio. Questa decisione incideva molto sulla tecnica fotografica di realizzazione del lavoro che, è stato eseguito in digitale con una Canon 5dMark II ed ha sfruttato unicamente la luce naturale degli ambienti. Mi interessava infatti che la luce diventasse insieme alla persona ritratta e allo spazio un elemento caratteristico del lavoro, motivo per cui ho apportato gli orari esatti di scatto a tutte le didascalie delle foto.

Pavlove der Visionär (7)
© Pavlove der Visionär

Ad occhi chiusi

L’ultimo elemento di cui vorrei parlare è la scelta di chiudere gli occhi a tutti i creativi ritratti. In questo progetto volevo emergesse, come ho già detto, la relazione tra persone e spazi e allo stesso tempo mi piaceva l’idea di trovare un filo conduttore che unisse tra loro i creativi coinvolti. Avevo fatto alcuni esperimenti durante i primi ritratti senza grandi risultati fino a quando la risposta non venne da sé.

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© Pavlove der Visionär

Un creativo mi disse che per timidezza, nonostante gli piacesse molto il mio lavoro, avrebbe fatto molta fatica a farsi ritrarre e sarebbe stato probabilmente innaturale e rigido. Provai a fargli degli scatti ad occhi chiusi: subito il suo volto si rilassò lasciando la posa innaturale e tesa per un espressione tranquilla: riviveva finalmente il suo ambiente.

Pavlove der Visionär (5)
© Pavlove der Visionär

Dopo questi scatti capii che gli occhi chiusi erano la direzione che dovevo seguire. Facendo chiudere gli occhi mettevo le persone in una condizione di rilassamento, quasi meditativa. Chiedevo loro di percepire con gli altri sensi lo spazio circostante cercando in qualche modo di entrarci in sintonia. Capito come interagire con i creativi ritratti, la strada è stata tutta in discesa, bisognava solo focalizzare di volta in volta gli spazi, studiarli attentamente e carpire il momento di maggiore sintonia tra la persona ed il suo luogo. Quel feeling che si crea solo con le cose a te care, con gli spazi che conosci bene perché in fondo ti rappresentano e tu rappresenti loro.

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© Pavlove der Visionär

La storia dietro le quinte

L’idea di questo progetto è nata nel 2009 tra Berlino e Milano le due città tra cui mi dividevo in quel periodo. Questa è la principale motivazione per cui il mio sito Pavlove der Visionär è nato in lingua tedesca. Per il mio dottorato di ricerca in comunicazione stavo realizzando una tesi sul concetto di cultural planning. Ho quindi passato mesi a leggere libri sulla gentrificazione e sulle teorie del rinnovamento e miglioramento urbano, rendendomi sempre più conto di quanto la cultura sia in grado di rigenerare e trasformare gli spazi. Per questo iniziai a rimanere affascinato dalle persone, in particolare i cosiddetti creativi, e l’ambiente in cui vivono e lavorano. I luoghi riflettono la personalità di coloro che li abitano ed è molto forte la relazione che si viene a creare.

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© Pavlove der Visionär

Nel 2010 ho lavorato a Milano in uno spazio che promuove l’arte contemporanea. Ogni giorno mi relazionavo con creativi di svariata tipologia e capii che sarebbe potuto essere interessante fotografarli all’interno dei loro ambienti lavorativi. Tutti i creativi fotografati furono fin da subito interessati al mio lavoro e al fatto di dover posare ad occhi chiusi, era un’idea così particolare che mi permise di trovare fin da subito persone disposte ad essere coinvolte. Il progetto si è sviluppato a Milano, Roma ed è in proseguimento anche a Berlino. Non è esiste una reale fine del progetto, il lavoro proseguirà naturalmente e probabilmente si concluderà con altrettanta naturalezza.

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© Pavlove der Visionär

Epilogo

Pavlove è tante cose, non è solo Inneres Auge, dal quale nascerà presto anche un’applicazione per Itunes. Un nuovo progetto è già in corso. Rizzate le orecchie e chiudete gli occhi2.

 

Per ulteriori informazioni si prega di visitare il sito di Pavlove der Visionär.

Pavlove der Visionär (1)
© Pavlove der Visionär
  1. Occhio interiore n.d.r. []
  2. Un ringraziamento speciale a Emanuele Cucuzza per il suo aiuto in questo progetto. []