Fotografia di Paolo Romani (1)
© Paolo Romani

Testo e fotografie di Paolo Romani.

 

L’intervista dell’Huffington Post del 13 Febbraio del 2015 al Dottor Vinton Cerf, che è uno dei padri di Internet, e vicepresidente di Google inizia con il titolo:

Dietro di noi un deserto digitale, un altro Medioevo. Se tenete a una foto, stampatela.

Tutti i software, ogni giorno vengono migliorati, e tutti i documenti archiviati con i programmi di oggi, saranno obsoleti domani, e rischiano di essere inaccessibili; e questo buco, Vint lo chiama “deserto digitale” per la “putrefazione dei bit”.

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Oggi, ora, subito, bisogna iniziare ad operare alla preservazione dei documenti che abbiamo archiviato in digitale. La via tracciata è quella di stampare su carta tutto quello che reputiamo importante per noi.

Il grido è : fate copie fisiche! stampate tutto!

Quando agli inizi della fotografia a colori, l’elettronica non era ancora ai livelli di oggi, le immagini che portavamo ai laboratori venivano stampate con macchinari costosi ma non ancora perfetti, capii che le stampe non erano fatte bene, ma nessuno aveva l’autonomia né l’autorevolezza, di criticare i risultati dei laboratori che sfornavano tonnellate di immagini stampate a colori tutte sballate.

Per una stampa a colori fatta da un laboratorio negli Stati Uniti, che ritenevo una bella fotografia a colori, rientrato in Italia, chiesi ad un laboratorio di Roma un ingrandimento, e mi venne restituita una immagine irriconoscibile. Il mio fotografo vide la foto a colori fatta negli USA, e chiamò il laboratorio, che insisteva nel dire che lui operava con un macchinario elettronico molto costoso, e che se la foto era così, la colpa era del fotografo che aveva fatto una brutta fotografia, rifiutandosi di sentire altre motivazioni.

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Quel colloquio fra il negoziante fotografo e l’operatore del laboratorio mi aveva fatto intuire che sul colore non ci capiva niente nessuno. E nel 1978 iniziai a stampare il colore da negativo in camera oscura con il sistema sottrattivo, e brevettai anche un sistema di stampa tutto artigianale e tutto meccanico e manuale.

Nel 1981 il mio sistema di stampa del colore venne visionato dalla Kodak di Rochester USA.

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Nel 1982 sulla rivista del consumatore americano apparvero i risultati della stampa a colori di una foto di Snoopy fra i laboratori degli Stati Uniti. Il titolo dell’inchiesta è:

Color-print film processing- No company made perfect prints all the time, but two were better than the rest- and inexpensive, too.

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Ora sono passati molti anni, e nonostante l’elettronica abbia invaso il mondo in tutti i campi, io non ho mai smesso di fare ricerche nel campo della stampa del colore. Con il tempo, le mie ricerche sono diventate d’avanguardia. Stampare una fotografia avviene come un rituale magico; al buio, con la concentrazione per mantenere sotto controllo tutti gli strumenti di cui si ha bisogno. Quando si accende la luce ed appare la stampa è come se il miracolo può anche non avvenire. Qualche anno fa incontrai un pioniere americano della stampa a colori che mi raccontò il modo di lavorare in quegli anni; innanzi tutto bisognava lavorare di notte, perché non era facile fare il buio completo in un ambiente abbastanza grande da contenere ben dodici bagni! Poi contare mnemonicamente i secondi per ciascun bagno, e se si era fortunati dopo una notte di lavoro senza commettere errori si otteneva una stampa a colori. Se il risultato non era soddisfacente ci si sforzava di vederlo molto bello. Coloro che negli anni sessanta hanno stampato il B&N, in breve tempo hanno smesso, perché le operazioni erano tutte ripetitive e non davano soddisfazioni dal punto di vista creativo. Facevi lo scatto, sviluppavi il rullino, lo inserivi nell’ingranditore, facevi vari provini per i tempi, la prima stampa la buttavi perché non soddisfacente, insomma un intero pomeriggio vedevi sempre la stessa immagine, alla fine non ne potevi proprio più. Hanno tutti smesso di stampare per noia.

La mia ricerca invece dura da molti anni ed ancora non mi sono stancato perché non stampo l’immagine scattata ma una virtuale che ho in mente. Gli artifici in camera oscura sono sempre nuovi.

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Quando decisi di provare la stampa a colori da negativo, con ingranditore, filtri in gelatina, carta da stampa Kodak, bagni di sviluppo, bagni di sbianca fissaggio, non avevo idea delle difficoltà che avrei incontrato. Avevo cercato in librerie, in biblioteche, un po’ in giro di prepararmi, ma oltre a qualche regola generale incomprensibile non avevo trovato nulla di pratico. Trovai li coraggio di iniziare la mia prova di stampa. Montai l’ingranditore, nel bagno di casa, misi un negativo a colori del portanegativi, e feci tutto l’iter che solitamente si fa per il B&N e la mia prima stampa apparve tutta gialla. L’unica regola che sapevo era: se usando il sistema sottrattivo la stampa è Gialla ( Y ) bisogna aumentare il filtro Giallo. Aumentai il valore Y nel cassettino portafiltri ma la stampa migliorò di poco. Aumentai ancora il valore Y e la dominante cambiò colore. Il colore era indefinibile, pertanto non avendo nessun filtro di quel colore indefinibile la mia ricerca si bloccò. Rimisi tutto a posto nel bagno, piegai quella stampa impossibile da correggere e la misi in tasca. Quella era la difficoltà nella stampa a colori! Trovare la filtratura esatta, cioè priva di dominanti, con colori puliti. In quel periodo ogni tanto aprivo quel pezzo di carta per vederlo bene sotto la luce del sole come per capire quale segreto nascondesse. Un giorno comprai una delle tante riviste di fotografia per vedere se per caso potessi trovare una soluzione al mio problema. Non trovai nulla che potesse aiutarmi; però in fondo c’erano gli annunci di compra / vendita delle attrezzature fotografiche, e rimasi sorpreso da tanti annunci come questo: Vendesi analizzatore elettronico del colore, nuovo, in garanzia, mai usato ! Così dopo qualche telefonata avevo saputo che gli analizzatori elettronici di quel periodo non erano affidabili e l’elettronica negli anni settanta era ancora lontana dai risultati odierni. Privo di conoscenze specifiche in materia, ebbi una intuizione che mi sembrò risolutiva per il mio problema. Comprai un altro set filtri in gelatina per il sistema sottrattivo, della stessa marca, e realizzai un filtro che contenesse molti valori diversi di filtratura che chiamai multifiltro. Un filtro così costruito, posto a sandwich con il negativo, fra la sorgente di luce e il negativo mi avrebbe dato tutte le variazioni del colore di quel negativo relativo alla filtratura di quello stock di carta da stampa. Il quel periodo ogni pacco di carta aveva una filtratura propria che variava ad ogni nuovo acquisto di carta. Per capire il concetto ed esemplificare il principio, avete bisogno di vedere alcune immagini.

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Credo che senza sapere le regole che governano i principi della stampa sia intuitivo come affrontare il problema della filtratura perfetta. Aggiungerei che oltre alla filtratura giusta ci suggerisce anche altre filtrature non perfette ma forse piacevoli. Questo è il primo passo per quel tipo di stampa che per semplicità chiameremo “creativa”. Quando avremo preso familiarità con questo iter di ricerca sulla filtratura avremmo anche inconsapevolmente appreso anche tecniche che hanno accresciuto la nostra manualità. Stiamo diventando artigiani evoluti, che attenti ai procedimenti ci avviamo verso la forma mentale della ricerca. Dopo anni di lavoro al buoi con gli occhi aperti, un giorno (nel 2011) vidi esposta una macchina elettronica Nikon Coolpix che come tutte le macchine elettroniche oltre a far rivedere nel display lo scatto appena fatto, aveva anche la funzione di proiettarlo su una parete chiara. Appena capii che questa funzione mi avrebbe dato la possibilità di tentare un nuovo esperimento, la comprai. Entrare nel tunnel della ricerca è facile se si è abituati ad essere attenti a tutte le cose che si fanno giornalmente. Viene naturale superare le difficoltà che si incontrano. Dopo una analisi di tutte le operazioni che avrei dovuto fare, e le cose che mi dovevo procurare per iniziare la prova, feci uno scatto fotografico ad un manichino, poi entrai in camera oscura, sostituii l’ingranditore con la macchina fotografica, e stampai su carta da stampa Ilford positivo / positivo (quella che si usava per le DIA) ed ottenni la prima stampa di un fotogramma elettronico su carta fotografica con il procedimento manuale tradizionale, cioè passando attraverso i bagni chimici. Feci una pubblicazione registrando l’esperimento con la data Agosto 2011 affinché nessuno si appropriasse di questa esperienza. Quando parlai di quello che volevo fare con una persona abbastanza conosciuta nel mondo della fotografia, mi fece ripetere tre volte il mio progetto, perché ripeteva continuamente fra se e se; cosa vuole stampare? Un fotogramma elettronico a colori su carta da stampa a colori? Che vuol dire? Non lo capisco. Ma il fotogramma non esiste per essere stampato in camera oscura! A colori poi?! Tutti questi dubbi che il mio interlocutore esternava mi tranquillizzava sulla validità dell’esperimento. Quando poi ho cercato la carta Cibachrome con i bagni chimici ho realizzato che non si trovavano già più in commercio, perciò mi misi alla ricerca di un kit Cibachrome a Milano che il negozio, me lo fece avere nel mese di Agosto a stretto giro di posta.

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A cosa serve una ricerca come questa? Questa è una immagini ibrida, che si è avvalsa delle facilitazioni elettroniche in fase di ripresa, e che in fase di stampa evita i rigidi programmi software, per lasciare sfogo alla creatività ed alla preziosità della stampa manuale.

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Questa è una ricerca che vale sul mercato globale della fotografia un fatturato lordo enorme, perché aprirebbe la strada alla vera fotografia d’arte a colori stampata a mano in pezzi unici, dall’autore che ora non esiste sul mercato mondiale. Tutti i giovani aspiranti fotografi innamorati della professione potrebbero proseguire esperimenti e ricerche personali sulla stampa a colori invece di andare nei costosi laboratori automatici. Sono desideroso di divulgare questi miei risultati, ma nessuno sembra interessarsi a cose che pensano superate; ma il Dottor Vinton Cerf, che credo che sia rivolto all’elettronica più di chiunque altro, ha detto che la stampa su carta è ancora, nonostante tutto, la via più sicura per il futuro.

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