Testo di Sara Bugoloni e Virginia Sommadossi, fotografie di Sara Bugoloni.

 

Una delle cose più difficili da imparare per chi lavora con le immagini è il paradosso di come molte volte la realtà per essere recepita come tale, debba essere snaturata in qualche modo. Di solito si fanno prove su prove per capire quanto forzare la mano per avere il ritorno sperato, sono quasi formule matematiche facilissime da sbagliare.

Un concetto simile potrebbe essere applicato al ricordo. I filtri immaginifici che mettiamo al nostro cervello quando ricordiamo, seppur distanti da dati oggettivi di realtà, danno la vera idea di quello che è stato quel preciso momento. Sono le contingenze, le sensazioni, le emozioni che vanno a lavorare sul dato di realtà riempiendolo del significato reale.

Fotografia di Sara Bugoloni (6)
© Sara Bugoloni

Gli scatti di Sara sembrano attingere proprio ai ricordi. Sono sequenze isolate di una storia complessa ma perfettamente sintetizzata nel minuscolo istante del suo click.

Certe sue finte imperfezioni analogiche, le sfocature, la saturazione nelle sue immagini vanno ben oltre quello che pensiamo solo di “vedere”, fino a farci “sentire” qualcosa di più profondo.

Sara ha un’incredibile capacità di veicolare mondi emotivi: il suo, quando scatta paesaggi che odorano di vita, ma anche quello delle persone che sceglie di fotografare.

Avviene in questo modo una ridefinizione dei campi emozionali ed estetici dove l’immagine non sembra più lavorata dagli strumenti fotografici ma da quelli della mente.

Non è un caso che i soggetti delle foto siano ragazze che con lei hanno condiviso pezzi di vita, e non modelle scelte attraverso criteri di fisicità.

Fotografia di Sara Bugoloni (10)
© Sara Bugoloni

In qualche modo il tema della realtà, dell’amicizia, del cammino da percorrere e dei luoghi dove stare, del passaggio dall’adolescenza all’essere donna sono impliciti in ogni suo scatto.

Fotografia di Sara Bugoloni (11)
© Sara Bugoloni

In alcuni di essi è facile immaginare una specie di simbiosi tra fotografa e soggetto che si ritrovano ad avere quasi sempre la medesima età, in altre sembra che da un momento all’altro quei visi abbiano voglia di raccontarti o mostrarti le loro vite, i pensieri più profondi, le necessità, le voglie.

Fotografia di Sara Bugoloni (3)
© Sara Bugoloni

Che ritragga volti o paesaggi non ha importanza, l’intensità delle storie che vi sono dietro sembrano essere un filo organico e potente legato anche ad ognuno di noi tanto da farci cadere, così come accade al cinema o a teatro, in un processo di immedesimazione naturale, da farci credere che quelle foto appartengano anche ai nostri più intimi ricordi.

di Virginia Sommadossi

Fotografia di Sara Bugoloni (9)
© Sara Bugoloni

Faccio molto spesso dei sogni. E li ricordo, a differenza di molte persone.

Non sono quasi mai bei sogni, non sono quasi mai tranquilli. Vengo condizionata dagli eventi, dalle persone, dalle sensazioni. A fine giornata metto tutto nel frullatore, condisco con una bella dose di subconscio e lascio che la mente annebbiata dal sonno faccia il resto.

Al mio risveglio annoto il mio sogno: annoto le impressioni, annoto le sensazioni o solo un frammento, un’immagine, una frase.

Fotografia di Sara Bugoloni (13)
© Sara Bugoloni

Ho sognato Eni, la ragazza con cappotto e capelli blu: l’ho sognata nella sala da pranzo di una bellissima casa. Solo che non l’ho sognata a tavola. Lei si era nascosta dietro una grande tenda bianca e tutti l’avevano scambiata per un fantasma. Eni ama l’acqua, ama il mare. Eni cambia colore di capelli a seconda dei periodi della sua vita.

Fotografia di Sara Bugoloni (7)
© Sara Bugoloni

Le ho chiesto se c’era un posto che secondo lei era particolare. Lei mi ha portato in un antico cimitero, vicino ad un’alta chiesa. Prima di iniziare abbiamo fumato una sigaretta, immaginando le storie della gente sepolta là sotto. Ho fatto allontanare Eni per farle una foto, e quando è tornata mi ha detto: ” Mentre ero laggiù si sono mossi dei fiori.. Se ci pensi stiamo camminando su un sacco di corpi”.

Fotografia di Sara Bugoloni (1)
© Sara Bugoloni

Ci siamo spostate in piscina, il riflesso verdino della luce attraverso l’acqua, l’odore di cloro e il vapore che saliva leggero.

Il costume rosso, il rumore di un corpo che infrange la superficie lisca dell’acqua, il trucco sbavato e i capelli bagnati, in una mattinata nuvolosa d’ottobre.

Le mie foto sono impregnate di questi odori, colori, rumori; sensazioni che vorrei fare uscire e colpire chi le vede, rievocando le medesime emozioni.

Fotografia di Sara Bugoloni (2)
© Sara Bugoloni

Leggo molto. Leggo dei libri e immagino nella mia testa delle scene, immagino i personaggi, il colore dei capelli del protagonista e il sapore del tè che sta bevendo.

Alcune frasi del libro si imprimono nella mia testa, alcuni passaggi diventano scene della mia vita, alcuni modi di fare diventano miei.

Fotografia di Sara Bugoloni (4)
© Sara Bugoloni

Adoro i dettagli, potrei vivere di dettagli, li colleziono. La trama di una sciarpa, la cicatrice sul dorso di una mano, le lentiggini di un naso e il colore di una foglia.

Sono quei dettagli che rendono tutto reale, vivo, tangibile.

Vivo di quei dettagli che caratterizzano la mia vita, la mia gioventù.

Fotografia di Sara Bugoloni (8)
© Sara Bugoloni

La giovinezza è un periodo bellissimo e terribile allo stesso tempo.

Siamo degli ossimori, siamo contrari accostati, costantemente divisi tra due elementi, tra sensazioni, tra stati mentali, oscilliamo attirati da poli opposti e spesso sbagliati. Siamo consapevolmente incoscienti, condizionabili ma sicuri, mutevoli ad ogni sguardo e paurosamente unici.

Pensiamo di essere consapevoli di ciò che stiamo attraversando ma in realtà non lo capiremo finché non sarà finito.

Funziona sempre così: si fa fatica ad apprezzare il valore delle cose finché non le si può più avere.

Fotografia di Sara Bugoloni (12)
© Sara Bugoloni

Ho il bruttissimo vizio di proiettarmi in avanti nel tempo, di pensare a “dopo”, a “domani”. Faccio fatica ad essere presente hic et nunc, se non in rare occasioni.

Le fotografie servono ad ancorarmi al presente, ad avere la parvenza di aver catturato e fermato qualcosa per sempre. Come il soffio di vento tra i capelli di una persona, quel vento che non soffierà mai più nello stesso modo tra quei capelli, perché il momento è così effimero da non ritornare mai più.

Le immagini sono la prova di esserci stata, in quel momento, in quel posto, con quelle persone e quello sguardo e quel sentimento nell’anima. Quella prova che nessuno, nemmeno io, potrà dimenticare.

Fotografia di Sara Bugoloni (5)
© Sara Bugoloni

Parlare delle mie foto è come parlare di me, perché ognuna di esse racchiude una parte di me stessa.

 

di Sara Bugoloni