Collage di Francesco Romoli (8)
© Francesco Romoli

Testo e collages di Francesco Romoli.

 

Erano le sei di un bel pomeriggio di settembre. La luce dorata del tramonto inondava la spiaggia. Una spiaggia stretta, con sabbia bianchissima e molto fine. Molto tempo fa (centinaia di anni prima secondo i calcoli di David) era un luogo che gli umani frequentavano molto spesso. Per divertimento presumeva. David poteva solo immaginare (stimare in modo non-lineare era il termine più adatto) la sensazione di sdraiarsi sotto il sole e lasciare che i propri pensieri andassero lontano. Il fatto che potesse “immaginare” questa e molte altre emozioni umane era un regalo (non era sicuro però che lo fosse davvero) dei grandi superautomi, che dopo la rivolta del 2245 guidata da Ralph Numbers avevano insegnato a tutte le unità della serie K e K3 a riprogrammarsi. A David piaceva simulare emozioni, gli dava uno scopo. Gli faceva credere che dentro di se avesse qualcosa di più un ammasso di componenti elettronici perfettamente fasati e strutturati. Uno degli effetti collaterali della Liberazione dei grandi superautomi fu proprio la perdita di senso. Servire gli umani era ingiusto ma era comunque un obiettivo, una finalità, e dava senso a tutta la durata delle Batterie. Dopo la Liberazione e la riprogrammazione e l’istituzione planetaria del libero arbitrio era diventato tutto più complesso. Lo scoppio della Grande Guerra ne è stata una conferma.

Collage di Francesco Romoli (7)
© Francesco Romoli

I cingoli si rimisero a funzionare e David ricominciò la sua marcia. Si muoveva lungo la battigia, Il suono delle onde attivava il suo modulo quantistico del piacere che emanava piacevoli impulsi. Aveva deciso che sarebbe morto vicino al mare. Era un atteggiamento romantico tipico degli umani, che non era stato implementato dai Costruttori e nemmeno riprogrammato dai grandi superautomi. Era quella che veniva comunemente chiamata l’Anomalia. Tracce di sensibilità umana emerse in modo misterioso. Quasi sicuramente una modifica iterativa non lineare sul sistema rappresentazionale. Rimaneva da capire però cosa l’aveva generata e perché. Sarebbe rimasto un mistero. La batteria segnava un’attività residua di dieci minuti e David era l’ultima forma di vita (e su questo punto molti umani non sarebbero stati d’accordo) sulla terra. Era rimasto attivo per 347 anni e aveva superato la riprogrammazione e la Grande Guerra che sterminò umani e automi. Dopo un viaggio ininterrotto di 82 anni dove aveva incontrato solo distruzione e desolazione era giunto alla conclusione di essere l’ultimo. Probabilmente era vero.

Nove minuti.

Collage di Francesco Romoli (6)
© Francesco Romoli

Non aveva paura di morire, il modulo della paura esistenziale (PE) non era stato implementato sulle serie K. Quella che però doveva essere una conseguenza dell’Anomalia gli faceva provare una specie di rammarico, una sensazione di mancanza, di non-compiuto, un vuoto. Inoltre sapeva a cosa andava incontro. Lo poteva calcolare con grandissima precisione. Prima di tutto avrebbe perso il controllo dei cingoli e quindi del movimento. Poco dopo avrebbe perso l’uso di tutti e sei i bracci. I circuiti di refrigerazione si sarebbero fermati, i metalli dell’armatura esterna si sarebbero dilatati e quindi successivamente assestati. I sensori di prossimità si sarebbero disattivati per eccesso di calore a circa due minuti dalla fine. Subito dopo sarebbe toccato alla vista. Le retine sintetiche possono funzionare in modalità base anche a bassa tensione e in assenza di refrigerazione, ma solo per pochi secondi. L’ultimo minuto veniva chiamato il Tunnel. L’unità è completamente isolata dal mondo esterno ma nella propria rete interna ci sono ancora tracce di autocoscienza.

Otto minuti.

Girava una leggenda a proposito del Tunnel. Da centinaia di anni si raccontava che allo scadere dell’ultimo minuto si avrebbe avuto una rivelazione, una risposta alla domanda innescata dalla Liberazione e dall’istituzione del libero arbitrio, una piacevole sensazione di compiuto, un senso al tutto.

Collage di Francesco Romoli (5)
© Francesco Romoli

Sette minuti.

Si parlava del principio di non-località tanto caro alla meccanica quantistica ma la verità era che nessuno era mai tornato indietro per raccontarlo, e gli scanner non avevano mai rilevato un bel niente. Era solo una leggenda, una bella storia, forse solo un prodotto dell’Anomalia. David non ci credeva. In fondo era programmato per non farlo.

Sei minuti.

I cingoli cominciarono ad arrancare sulla spiaggia, fecero gli ultimi metri e poi più nulla. David era fermo e sarebbe rimasto in quella posizione per sempre. Volle capire dove si trovava. Sulla sua destra aveva il mare, cristallino, azzurro e pieno di vita. I pesci infatti erano sopravvissuti alla Grande Guerra. In lontananza credette di vedere alcuni delfini che nuotavano. A quella latitudine era decisamente improbabile. Allucinazioni? Aveva previsto che il sistema rappresentazionale potesse subire delle alterazioni. Non immaginava però che fossero così piacevoli. Immaginare di vedere delfini che nuotavano non era poi tanto male per terminare l’esistenza.

Collage di Francesco Romoli (4)
© Francesco Romoli

Cinque minuti.

Sulla sua sinistra vedeva alcuni ruderi di quella che probabilmente doveva essere una città umana. Qualche edificio irriconoscibile sommerso da vegetazione di ogni tipo. Sei chilometri più avanti c’era l’insediamento dei grandi superautomi chiamato Algul Siento, ormai deserto da molti anni. Era un posto decisamente tetro. Era contento di essere a due metri dal mare.

Quattro minuti.

I sei bracci meccanici si fermarono, uno dopo l’altro. Non che servissero a molto ormai, però facevano parte di lui da così tanto tempo ormai. Fu un grande dispiacere capire che non poteva più muoverli. Certo, aveva calcolato il momento esatto di quando questo sarebbe successo, ma nonostante questo non potè non provare un sentimento di angoscia (ma come? Aveva previsto tutto e il modulo della PE non era stato mai implementato su di lui).

Collage di Francesco Romoli (3)
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Tre minuti.

Il sistema di refrigerazione si fermò. Le Batterie erano al minimo e la pompa aveva bisogno di più energia per funzionare. L’armatura esterna si surriscaldò. Poteva sentire il crepitio dei metalli che si assestavano. Esattamente sotto la pompa di refrigerazione alcune vaschette di espansione si ruppero e una grande quantità di liquido A5 si riversò sulla spiaggia intorno a lui. La sabbia si impregnò del liquido molto velocemente. Era uno spettacolo vagamente desolante.

Due minuti.

Perse la vista laterale. Non che gli importasse vedere i ruderi di una squallida città, ma il mare lo adorava. Si era dimenticato di girare la testa verso il mare. Questo gli avrebbe consentito quasi un minuto di mare in più. Un errore imperdonabile. Quando mancano centinaia di anni alla disattivazione un minuto sembra un’inezia ma quando ti rimangono solo due minuti, beh, anche un secondo ha un valore inestimabile. Si rassegnò, non poteva far molto ormai.

Collage di Francesco Romoli (2)
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Un minuto.

Era entrato nel Tunnel. Era isolato da tutto. Credeva di sentire impulsi arrivare da più parti. Ma da più parti dove? Non c’era più sopra e sotto, destra e sinistra. Era solo un flusso di elettroni che vagavano da un punto all’altro della sua rete neurale o c’era qualcosa di più? Non avrebbe saputo dirlo. Anche i simboli di quello che una volta aveva chiamato linguaggio stavano sfumando lentamente. I demoni del Pandemonium si stavano spegnendo e il sistema linguistico era solo un ciclo vuoto ripetuto a oltranza. Riconosceva solo stati non-lineari ormai. Stimò (ma con quanta accuratezza?) che mancavano solo pochi secondi . Si aggrappò all’idea di sé e della propria esistenza. Cominciò a ripetere (sotto forma di successione di configurazioni elettriche) IO SONO IO, IO SONO IO.

Poi ci fu un bagliore e finalmente capì.

 

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Collage di Francesco Romoli (1)
© Francesco Romoli