Rajesh Kumar Singh

© Rajesh Kumar Singh, Associated Press

Su Camera Obscura tendo a pubblicare soprattutto fotografie artistiche, dove intendo fotografie che si pongono dichiaratamente come creazioni dedicate al circuito di vendita dell’arte contemporanea, ovvero in generale musei e gallerie. Mi piace però l’idea di parlarare di fotografia a 360°, e questo è uno dei motivi per cui ho recentemente pubblicato articoli dedicati al fotogiornalismo, e nei prossimi mesi intendo differenziare ulteriormente gli articoli spaziando in generi ancora più diversi.

Nonostante per diverse ragioni lavori e mi occupi principalmente di fotografia artistica, non mi dimentico assolutamente che la mia passione originale per la fotografia è nata ammirando le fotografie di strada e di viaggio, le fotografie che raccontano la vita di tutti i giorni, tanto scoprendo l’eccezionale in ciò che è familiare, tanto portandoti per mano in un mondo di abitudini lontanissime dalle tue.

La fotografia di Rajesh Kumar Singh, è una di queste.

Devoti indù dello stato di Bihar durante i rituali a Sangam -alla confluenza dei fiumi Gange, Yamuna e del mitico Saraswati- durante l’annuale mese della lunga fiera religiosa indù Magh Mela che si svolge a Allahabad in India. 2 febbraio 2009.

Una fotografia quindi che ci accompagna nel mondo magico dell’India, con i suoi profumi e colori, le sue folle di pellegrini, le credenze e le tradizioni. Un mondo immaginato come ricchissimo di colori e situazioni. Non mi interessa allora cercare a tutti i costi l’originalità della visione del fotografo, la particolarità tecnica. Mi basta sapere che -grazie alla fotografia- sto vivendo un frammento di universo che va avanti parallelo al mio.

Al di la del contenuto informativo e giornalistico, come mio solito, è poi l’aspetto estetico, visivo, immaginario e sognante che mi seduce. Ho sempre avuto un debole per le fotografie con il fumo, la nebbia, le interperie. Tutto ciò che crea un’atmosfera sognante e irreale. Credo che di fatto nella fotografia ci sia spessissimo troppo dettaglio, dettaglio spesso inutile e fuorviante. Il fumo e la nebbia stemperano i dettagli e permettono di ricondursi all’essenziale dell’immagine, senza distrazioni. Come nella pittura, dove spesso -per esempio nei ritratti- il volto è particolarmente curato, mentre le pennellate si fanno più energiche sui vestiti e lo sfondo, mano a mano che ci si allontana dal centro nevralgico del quadro. Mi fanno sempre sorridere le schiere di fotoamatori che giudicano della bontà di un’immagine quasi unicamente in base alla presenza o meno di dettaglio. Non sempre è necessario, anzi.