Edward Burtynsky

Silver Lake Operations #10, Lake Lefroy, Western Australia, 2007
© Edward Burtynsky

Settimana scorsa sono andato a Madrid per visitare due delle più importanti fiere di arte contemporanea e moderna in Spagna: Arco e Art Madrid.

Arco

A parte il prezzo del biglietto di ingresso, di gran lunga al di là del ragionevole, la visita ad Arco è stata veramente splendida. Il salone è ampio e spazioso, gli stand grandi e di facile accesso. Rispetto a Paris Photo la visita è molto più piacevole e meno stancante, c’è meno rumore, più ossigeno, più possibilità di riposarsi e prendere una boccata d’aria.

Nonostante Arco sia una fiera di arte contemporanea e moderna in generale, quindi che presenta pittura, scultura, video e installazioni, devo dire che la fotografia ha veramente un posto di spicco, tanto che mi sembra di poter dire che almeno la metà delle opere presentate sia costituita da fotografie, cosa che naturalmente mi rende particolarmente contento. Il livello fra l’altro delle foto esposte è veramente alto, come della maggior parte delle opere artistiche, mentre sono pochissime quelle che fanno scuotere la testa con disappunto.

Ripercorro brevemente i lavori che più mi son piaciuti, evitando di parlare dei grandi nomi della fotografia che conoscono tutti, ma concentrandomi soprattutto su autori che conoscevo meno o sui talenti emergenti. In ogni caso, come a Paris Photo, i lavori che in generale mi sono più piaciuti appartengono di solito ai grandi fotografi più noti, a riprova del fatto che il successo arriva quando la qualità dell’opera è veramente alta, e non solo come conseguenza delle logiche di mercato e delle scelte dei galleristi.

Le foto che in assoluto sono stato più contento di vedere sono i nuovi lavori di Edward Burtynsky. Li avevo già notati qualche settimana fa sul suo sito, che -cosa piuttosto rara- presenta moltissime foto e non solo un succinto portfolio, la maggior parte delle quali possono essere visionate a risoluzione relativamente elevata, permettendo di visionarle con maggior soddisfazione. Nonostante questo, vederle dal vivo è sempre un’altra cosa, tanto più per le foto scattate in grande formato.

Le nuove foto di Edward Burtynsky come al solito rappresentano un paesaggio modificato dall’uomo, ma questa volta sono tutte riprese aeree. Come per tutte le sue foto, i paesaggi sono straordinari e incredibili, dai colori impressionanti ma -si sente subito- assolutamente non dovuti al ritocco, ma piuttosto all’eccezionalità dei luoghi. Grandi estensioni di bianco che sembra neve, ma probabilmente è del sale e il bianco delle nubi che si riflette sull’acqua, terra rossa e nera, laghetti verdissimi in fondo alle cave a cielo aperto. E tutte queste estensioni di colori sono organizzate su geometrie rigorose, tanto da far sembrare le fotografie di Edward Burtynsky quasi dei quadri astratti, fino che non si nota un camion, una strada, un dettaglio che riconduce alla realtà.

Molto belle le fotografie di Anthony Goicolea, soprattutto la serie Shelter, ricomposizioni digitali assolutamente credibili, di personaggi mascherati confrontati ad un mondo immenso, foreste di alberi giganti, in cui si nascondono catapecchie e casupole di legno. Al di là della realizzazione tecnica impeccabile e dello statment dell’autore, il risultato è intrigante e esteticamente molto gradevole, con uno stile a mezza via fra reportage, staged photography e fotocollage.

Delle fotografie sulla spiaggia di Yorgos Kordakis mi sono piaciuti in particolar modo i colori slavati, un incrocio fra le polaroid e certe pellicole scadute. Colori poco saturi e improbabili, cieli marroncini, ombrelloni appena accennati. Molto bella anche la sovraesposizione, che appiattisce la materia e elimina i dettagli superflui avvicinando la fotografia alla pittura; così come i difetti dell’ottica, che sfoca pesantemente i bordi dell’immagine, facendo sembrare i soggetti dei minuscoli manichini in un plastico di una città.

Michael Najjar

Netropolis
© Michael Najjar

È curioso, perché la maggior parte dei fotoamatori evoluti cerca a tutti i costi il massimo dettaglio nelle foto, mentre personalmente trovo che ce ne sia quasi sempre troppo. Certo, in molti casi è funzionale, ma spessissimo troppo abbondante in certe zone dell’immagine, tanto da distogliere l’attenzione. L’utilizzo di sfocature e sovraesposizioni, come nel caso delle foto di Yorgos Kordakis, aggiunge una dimensione pittorica e sognante che mi è particolarmente cara.

Michael Najjar è stato forse la scoperta più interessante di Arco, in particolar modo mi è piaciuto il fatto che erano presentati lavori completamente agli antipodi fra di loro. Di solito gli artisti, una volta trovato un filone che funziona, tendono a mantenerlo, invece di continuare a reinventarsi. Questo per diverse ragioni. Sicuramente è difficile essere variegati e diversi, se lo stile artistico è l’espressione ultima del proprio io, a meno di non soffrire vagamente di personalità multiple, sarà normale tendere verso un unico stile ben riconoscibile e determinato. Più spesso però è una questione di mercato e di comodità, da una parte è difficile dover ripartire da zero mentre ci si può accomodare su un risultato già assodato, dall’altra c’è una forte pressione da parte di galleristi e pubblico, che si attendono lavori in linea con quelli che li hanno sedotti precedentemente. Detto ciò personalmente preferisco chi ha il coraggio di presentare e sostenere delle serie di lavori completamente diverse fra di loro, ed è sicuramente il caso di Michael Najjar.

Justin Ponmany

© Justin Ponmany

Una delle serie di fotografie presentate, Netropolis, è stata una di quelle che più mi son piaciute in assoluto ad Arco. Si tratta di diverse foto di una stessa città, riprese da un punto di vista panoramico, e poi sovrapposte fra loro. Il risultato visivamente ricorda vagamente le lunghissime pose di Michael Wesely, e restituisce perfettamente la sensazione confusa di città infinita che rimane nel ricordo al di là dell’immagine visiva dell’esperienza diretta della realtà.

Interessanti anche le fotografie di Justin Ponmany, ottenute “srotolando” delle facce. Credo che per la realizzazione fotografi diverse volte il viso di una persona, girandogli intorno, e poi ricomponendo le foto fra di loro, come se fosse una panoramica, o come se la pelle si fosse srotolata attorno ad un cilindro.

Art Madrid

Art Madrid è una fiera di arte contemporanea e moderna parallela ad Arco. Più piccola della precedente, e con lavori meno di spicco, le due differenze che saltano subito agli occhi è che c’è molta più pittura che fotografia e che la percentuale di arte moderna piuttosto che contemporanea è più elevata che ad Arco. La visita è stata comunque molto piacevole e interessante.

Fra le fotografie preferite posso citare delle splendide e finissime eliogravure di Unai San Martin, che riconfermano questa tecnica come una delle mie predilette fra i procedimenti storici di stampa, con i grigi perfetti, quest’aspetto granuloso e meterico. Molto belli anche dei bei bianchi e neri di personaggi un po’ improbabili firmati Mark Laita: vecchiettini, punk, culturisti… tutti mischiati insieme in un incontro fra l’underground e il popolare, la cultura alternativa e le tradizioni.

Molto belle anche le foto di Rosa Basurto. Fotografie dai toni grigiastri e desaturi, come mi sono sempre piaciute, con una texture sovrapposta nel cielo che probabilmente è quella di un muro, personaggi sognanti alla ricerca di chissà cosa sotto un misterioso cielo pieno di uccelli.

Paola de Grenet

© Paola de Grenet

Le fotografie che forse ho in assoluto preferito ad Art Madrid sono però i ritratti di albini di Paola de Grenet, dalla bellezza così diversa ma così intensa e toccante. Un punto in favore inoltre è dato dal fatto che non devono assolutamente niente al procedimento utilizzato, a qualche espediente particolare, una tecnica che impressiona e fa scalpore. Sono semplici fotografie, pure e dure, che devono la loro bellezza solo al fascino dei soggetti ritratti e alle caratteristiche puramente fotografiche delle foto stesse. Ormai sono state scattate così tante foto di così tanti temi e soggetti diversi, che è difficilissimo non ricadere nel “già visto” senza ricorrere ad espedienti stilistici che reinventino l’immagine in modo originale; Paola de Grenet vince quindi la difficile scommessa di creare splendide fotografie senza tradirne la natura.