Fotografia di Elene Usdin (11)
© Elene Usdin

Giusto di fronte a keyhole di Erwin Olaf, un’altra galleria di Art Paris espone un’installazione che supera la tipica bidimensionalità fotografica: antichambre avec vues d’Elene Usdin.

In fondo allo spazio dedicato alla galleria Esther Woerdehoff infatti, è stata costruita un’intera stanza all’interno della quale sono disposti vari oggetti e fotografie. Elene Usdin, prima di diventare fotografa e illustratrice, ha studiato arte decorativa, formazione che si riflette nel suo lavoro successivo. Elene Usdin costruisce quindi buona parte dei decori, degli abiti e degli accessori che utilizza nelle sue fotografie. In questo caso sono esposti insieme alle stampe proprio alcuni degli oggetti utilizzati nelle fotografie, il tutto realizzato con estrema cura.

Fotografia di Elene Usdin (8)
© Elene Usdin

La sensazione è che di fatto per Elene Usdin l’opera artistica non si limiti alla fotografia in sé, gli oggetti e la loro realizzazione non sono dei semplici strumenti necessari unicamente al prodotto finale, al contrario tutto il processo creativo, nelle sue varie fasi e sfaccettature, costituisce nel complesso l’opera artistica. Ecco quindi che nella antichambre avec vues di Elene Usdin fotografie, abiti, decori, muri e tutta la stanza stessa, si trovano globalmente sullo stesso piano, in maniera indissociabile, costituendo appunto l’installazione artistica, intesa come opera nella sua totalità.

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© Elene Usdin

Si entra camminando su un lungo e soffice tappeto rosso, posato nel mezzo della morbida moquette blu a motivi floreali. La stanza stessa è tutta giocata nelle tonalità del blu e dell’azzurro: i pannelli con trompe-l’œil, le mura dipinte a tinta unita e la carta da parati che fa pendant con gli arabeschi della moquette.

Vari oggetti riempono la stanza: delle sedie e poltrone sulle quali sono posati degli abiti da altra epoca, ma con un tocco di fantasia moderna, valigie sovrapposte, lampade, pantofole e calzettoni, scrigni e cofanetti. La cura dei dettagli è stupefacente. Lungo le due pareti laterali sono invece esposte le fotografie di Elene Usdin.

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© Elene Usdin

Vari personaggi femminili -tutti autoritratti messi in scena- in posa in una camera d’hotel. antichambre avec vues nasce infatti come il seguito naturale della collaborazione iniziata con photo d’hôtel, photo d’auteur, un interessante progetto lanciato da HPRG: giovani fotografi emergenti vengono invitati a passare una notte in una stanza d’hotel, alla fine della quale dovranno scegliere un’unica fotografia e un testo ispirati dalla loro esperienza. Elene Usdin, cui è stata data carta bianca per la creazione della sua installazione, ha associato un personaggio famoso ad ogni stanza d’hotel in cui si è trovata: Giuseppina di Beauharnais all’Hôtel des Grands Hommes, George Sand a l’Hôtel Panthéon, Simone de Beauvoir a l’Hôtel Design Sorbonne, Isadora Duncan à l’Hôtel Jardin de l’Odéon e infine Juliette Récamier a La Belle Juliette. La serie di fotografie è quindi costituita dagli autoritratti di Elene Usdin, che immagina come queste cinque donne famose si sarebbero comportate nell’intimità della camera d’hotel che è stata loro attribuita.

Fotografia di Elene Usdin (5)
© Elene Usdin

I personaggi delle foto di Elen Usdin, sono ripresi per lo più sul letto della loro camera, o su di una poltrona, a volte in situazioni incongrue e vagamente ironiche, come l’imperatrice Giuseppina, la poltrona su cui è quasi sdraiata, posata sopra al letto dalle lenzuola immacolate. Quasi tutte stanno dormendo, o perlomeno si trovano in posizione allungata, anche se spesso fanno vagare le gambe in posizioni curiose, quasi si annoiassero e manifestassero il proprio languore giocando col proprio corpo.

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© Elene Usdin

Quello della gambe in movimento è anche il tema del video in stop motion intitolato les Impatiences, che è il nome popolare usato in francese per la sindrome di Ekbom. Nella parete centrale della camera ricostruita in antichambre avec vues infatti non ci sono fotografie, il tappeto rosso conduce dritto ad una porta, nella quale sono praticati due fori, un po’ come nei film erotici a sfondo voyeuristico. Dietro a questi viene proiettato appunto il video les Impatiences di Elene Usdin.

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Nei muri ai lati della porta sono praticate due fessure, bordate da una sottile cornice rossa. Dietro a queste sono esposte due fotografie di nudo, sempre tratte dalla serie di autoritratti di Elen Usdin ambientati nelle camere d’hotel. La posa è decisamente classica, ricordano le cartoline erotiche della belle époque, allora considerate come immagini puramente pornografiche mentre oggi farebbero quasi sorridere. Eppure, mentre guardo attraverso la fessura nel muro, mi sento proprio come un voyeur da film di una volta, con un misto di eccitazione vagamente morbosa e sensi di colpa, come se il cinema, internet, le pubblicità e soprattutto le mostre di fotografia non contenessero fotografie infinitamente più osé di questa. Faccio vagare lo sguardo sulle gambe nude, il deretano in bella mostra, la fessura del sesso e mi sembra proprio di fare qualcosa di estremamente trasgressivo, mi sento esattamente come immagino si sentissero i nostri nonni e bisnonni di fronte a fotografie come questa.

Fotografia di Elene Usdin (7)
© Elene Usdin

Inizio a pensare che il fatto di guardare attraverso un foro sia qualcosa che risuona con prepotenza con il mio modo di sentire, oltre al recente keyhole di Erwin Olaf, mi viene subito in mente l’esperienza con le autochrome alla mep. Come se in tutti questi casi potessi guardare attraverso un’apertura su un altro mondo, in senso quasi psichedelico. Idea di cui non sono il solo a subire il fascino, tanto per citare l’esempio più famoso, non a caso i Pink Floyd in the wall chiedevano ripetutamente “C’è qualcuno là fuori?”. Come se di fatto i fori sfruttati come stratagemma espositivo, potessero veramente proiettarci in una realtà diversa, in un mondo altro, al di fuori della sfera esistenziale corrente.

Fotografia di Elene Usdin (1)
© Elene Usdin

Il semplice espediente della fessura, il modificare quello che è il modo di guardare, trasforma in maniera prepotente tutta la percezione fotografica. Un’immagine che forse non mi avrebbe colpito in modo particolare, si trasforma invece in un’esperienza molto più vasta e complessa. È in atto una vera e propria trasfigurazione della fotografia. Il fatto di inserire un’immagine fotografia in un’opera tridimensionale, in un’installazione artistica, ne riscrive completamente le modalità di fruizione, rendendo l’esperienza visiva molto più completa e potente, immergendoci non solo fisicamente e soprattutto emotivamente nel cuore di un’opera artistica.

Fotografia di Elene Usdin (6)
© Elene Usdin

Le analogie con quello che l’esperienza vissuta con keyhole di Erwin Olaf è evidente. In entrambi i casi si tratta di guardare attraverso un’apertura, che sia il buco della serratura o il foro di un voyeur poco importa. Le due opere sono praticamente gli unici esempi di esposizione fotografica presente ad Art Paris che va al di là della classica esposizione bidimensionale. In entrambi i casi la riscrittura della modalità visiva si è tradotta in una forte risposta emotiva da parte mia, in cui il senso di colpa è uno degli elementi principali. Cosa sicuramente voluta, visto che le due installazioni giocano sui temi estremamente vicini di vergogna e voyeurismo.

Fotografia di Elene Usdin (3)
© Elene Usdin

La cosa divertente è che nel grande padiglione di Art Paris, la galleria Rabouan Moussion che espone keyhole di Erwin Olaf e la galleria Esther Woerdehoff che espone antichambre avec vues sono praticamente una di fronte all’altra. Mi viene subito in mente un caso analogo, quando a Paris Photo sex di Atta Kim e coït di Frédéric Delangle erano esposti praticamente dirimpetto. Eppure in questo caso, oltre alle considerazioni sempre valide citate ne l’ironia del nuovo, vale la pena sottolineare che -al di là delle analogie- sebbene le due installazioni esplorino temi vicini, il risultato, il messaggio, la realizzazione visiva, sono completamente diverse. Nessunissima impressione quindi di ridondanza, le due installazioni sono perfettamente complementari. In ogni caso, uno dei maggiori interessi dell’arte contemporanea, è appunto vedere dove approdano due artisti diversi intenti a lavorare sullo stesso tema.

 

Per ulteriori informazion su antichambre avec vues, oltre al sito di Elene Usdin, si visiti l’annuncio della mostra sul blog HPRG.

Fotografia di Elene Usdin (2)
© Elene Usdin