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© Ars Imago

Come probabilmente sanno i lettori storici di Camera Obscura, all’origine -prima che questo sito divenisse una sorta di rivista online dedicata alla fotografia contemporanea- si trattava di un mio personale diario di esperimenti in camera oscura (da cui il nome) e più in particolare di tecniche antiche e alternative di stampa.

Devo dire che già allora lavoravo molto in digitale, riunendo spesso innovazione e tradizione grazie per esempio ai negativi digitali, ma la maggior parte delle stampe erano tutte eseguite in camera oscura. Poi, col passare del tempo, le cose sono cambiate e piano piano sono naturalmente e inevitabilmente slittato verso il digitale puro. Quando lo scorso settembre ho traslocato per spostarmi nella mia deliziosa casetta nel cuore di Parigi, ho anche chiuso per l’ultima volta la camera oscura in cui, per anni, ho passato innumerevoli, splendide notti. Chiusa a chiave per l’ultima volta sapendo che molto probabilmente sarà anche l’ultima camera oscura della mia vita. Nodo in gola e in mezzo al petto, ma nella vita capita spesso di dover lasciare qualcosa alle spalle.

Oggi sono quindi una persona, fotograficamente parlando, completamente digitale, ma che allo stesso tempo è il frutto di un percorso discretamente lungo in fotografia analogica. Una specie di ibrido, di mutante. Se fossi nato negli anni 50 avrei vissuto il ’68 e la rivoluzione sessuale, nessuno mi avrebbe rotto le scatole per la mia barba lunga e sarei un fotografo vecchio stampo, che sa tutto della camera oscura. Se invece fossi nato oggi, nel 2010, una volta arrivato al liceo farei delle foto con macchine così preformanti che oggigiorno non riesco nemmeno a immaginare, ma appena appena a sognare, e non vedrei molta differenza fra la fotografia e le immagini di sintesi generate al computer.

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Invece la mia formazione e la mia pratica fotografica si è costituita esattamente a cavallo fra le due epoche. Il risultato è che ho una discreta pratica della fotografia analogica come di quella digitale, senza essere un vero maestro in nessuna delle due, ma senza nemmeno aver nessun pregiudizio, nessun a priori, senza cadere nelle facili considerazioni e le diatribe sterili su quali dei due universi sia migliore dell’altro. Alla fine quello che conta è fotografare, è l’immagine. Ciò che vogliamo dire con gli occhi, il cervello e il cuore non è forse più importante di pixel e sali d’argento? Oggi sono un fotografo digitale per pura scelta, perché la fotografia digitale conviene meglio alla mia espressione creativa, a quello che voglio fare e dire. Ma allo stesso tempo sono un grande amante della fotografia analogica, e ricordo con infinito piacere la magia della chimica, la formazione dell’immagine nei bagni di sviluppo, le sorprese imprevedibili e l’atmosfera bellissima della camera oscura.

Per queste ragioni non posso che esser contento quando, in piena crisi della fotografia analogica, quando tutti i fornitori di materiale da camera oscura sembrano chiudere uno dopo l’altro, anche quelli delle grandi città come Parigi, in pura controtendenza qualcuno decide invece di aprire un negozio per la vendita di pellicole, chimica, carta fotografica tradizionale e tutti gli strumenti necessari in camera oscura. E questa è proprio la storia di Ars Imago. Non posso che esser contento perché la scelta di fotografare in analogico o in digitale deve rimanere, come nel mio caso, appunto una scelta presa liberamente dal fotografo, e non al contrario un’obbligazione dovuta più alle logiche di mercato che rendono certi prodotti introvabili, o estremamente cari.

Ecco quindi un’intervista ai responsabili di Ars Imago a proposito della loro coraggiosa scelta.

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Fabiano Busdraghi: Qual’è la storia di Ars Imago? Perché avete sentito l’esigenza di creare un negozio di forniture per la fotografia analogica?

Alessandro Franchini1: L’idea di questo negozio (aperto prima in Svizzera nel 2004 come www.ars-imago.ch e poi in Italia nel 2009 su questo sito www.ars-imago.com) ci venne per la pura passione che abbiamo per la fotografia analogica.

Era il 2003 quando ancora mi ritrovavo in negozi di fotografia alla ricerca di chimica e carte a discutere con i negozianti sul perché le confezioni in cartone bianco sugli scaffali si presentassero in un alquanto sospetto colore giallognolo. Sul perché per acquistare una confezione da 250ml di Rodinal dovevo ordinarne e pagarne 10, visto che il negoziante non ne teneva a magazzino.

Era il 2003 l’anno in cui mi chiesi se ero l’unico a sentirmi preso in giro sentendo che ormai la fotografia era sinonimo di bits e bytes. Come se le sensazioni che regala una fotografia siano direttamente proporzionali alla metodologia di ripresa. Per farla breve non avevo nessuna voglia di riporre la mia Leica M6 in un armadio in compagnia di palline di naftalina.

Partimmo con circa 16 prodotti esclusivamente in bianco e nero. Una specie di kit di sopravvivenza. Capimmo da subito che l’unico mercato in grado di sopravvivere fosse quello che ci poteva offrire solo internet. Era il maggio del 2004.

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Fabiano Busdraghi: La scelta di aprire un negozio per la fotografia tradizionale, quando la maggior parte dei professionisti passa al digitale mettendo completamente in crisi la fotografia analogica, è una scelta coraggiosa e forse anche un po’ rischiosa. Visti i tempi che corrono è una scelta più che altro dovuta a un impegno personale e forse un po’ utopico, voler preservare qualcosa di bello che rischia di sparire, oppure è possibile lavorare con una nicchia di utilizzatori che costituiscono comunque una base solida anche dal punto di vista puramente economico? Su quali ambiti si deve puntare per poter sopravvivere nella situazione attuale?

Giorgio Di Noto2: La scelta a me per primo, che sono l’ultimo arrivato in casa ars-imago, è sembrata azzardata e rischiosa. Tuttavia il motivo di questa scelta è stato espresso, secondo me, già molto bene nell’editoriale dell’articolo: ovvero bisogna lasciare la libertà di scegliere il mezzo con quale lavorare, digitale o analogico che sia. L’imput è stato infatti proprio questo, cioè rendere disponibile materiale che stava (e sta) sparendo permettere quindi, a coloro che la utilizzano per passione e a quelli che ci lavorano, di utilizzare la pellicola e la chimica fotografica.

Alessandro Franchini: ars-imago è sicuramente una scelta coraggiosa, ma non utopica. Lo dimostra il fatto che con la “nicchia” della fotografia analogica abbiamo raccolto migliaia di clienti attorno alle nostre due società.

Francesco Ferrara3:Con il tempo abbiamo visto che una nicchia c’è eccome! Tanto che non la chiamerei nicchia. Ovvero io penso che la fotografia digitale abbia fatto avvicinare alla fotografia molte più persone di quanto accadesse prima, aumentando così i fotoamatori, che nella maggior parte delle volte “tornano indietro” per esplorare il mondo analogico. Oltre a questo ci sono comunque ancora molti professionisti che lavorano in pellicola sia nel mondo del reportage, sia nel mondo dell’arte contemporanea. Inoltre ci tenevo a puntualizzare che la fotografia è una sola e si evolve come qualsiasi altra arte, anche grazie alla tecnologia. Quindi non c’è nessun intento di demonizzare la fotografia digitale. La scelta all’ars-imago è una scelta di mercato, ovvero specializzarsi in certi tipi di prodotti, dovuta a quella che una passione condivisa da noi che ci lavoriamo.

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Fabiano Busdraghi: Qual’è l’importanza di avere un negozio online? Quali sono le caratteristiche e peculiarità del mercato su internet? Come si distribuisce la proporzione di vendite fra negozio e sito? Nel futuro pensate di potenziare i punti vendita o puntare piuttosto sul mercato online?

Giorgio Di Noto: Ormai il mercato di internet sta superando quello tradizionale e quindi, proprio per la peculiarità di prodotti che abbiamo, la vendita in internet ha un’importanza primaria. È proprio il nostro scopo raggiungere più persone possibile, soprattutto quelle che vivono in posti dove trovare un rullino in bianco e nero diventa un’impresa. Ma non solo, anche da grandi città europee, compresa Parigi, ci arrivano a volte degli ordini per prodotti che evidentemente non si trovano altrove. Nonostante questo una delle caratteristiche dell’ars-imago a Roma è proprio quella del radicamento nel territorio. Il locale ormai è molto frequentato e con la maggior parte dei clienti c’è un rapporto amichevole e di fiducia. Questo successo sul territorio ci ha portato infatti ad avere, per ora, più clienti ed ordini a Roma che in internet.

Alessandro Franchini: Il mercato di internet è il mercato globale a cui noi principalmente puntiamo. È l’unico mercato che può offrirci la massa critica necessaria a sopravvivere nella nicchia della fotografia analogica. Detto questo non escludo l’apertura di nuovi punti vendita in Italia. Considerando anche le strategie di ars-imago Svizzera l’espansione in un altro paese comunitario è comunque probabilmente il prossimo passo logico.

 

Fabiano Busdraghi: Che tipologia di clienti avete? Si tratta soprattutto di artisti riconosciuti, nomi noti della fotografia che non vogliono rinunciare alle proprie abitudini? Oppure piuttosto di fotoamatori ancora innamorati della resa della fotografia analogica?

Giorgio Di Noto: L’eterogeneità della tipologia dei clienti rende tutto molto stimolante e anche divertente. Infatti capita spesso di parlare prima con alcuni studenti delle scuole di fotografia e subito dopo trovarsi un fotografo fresco del premio World Press Photo. Tuttavia la maggior parte dei clienti sono fotoamatori, alcuni dei quali molto evoluti e con esigenze ben precise e studenti delle scuole della capitale.

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Fabiano Busdraghi: Proprio in questi tempi avete lanciato un concorso fotografico, con l’intento soprattutto di promuovere i lavori dei vincitori. A differenza della maggior parte dei concorsi fotografici che propongono premi in denaro più o meno cospicui, i lavori dei fotografi premiati verranno pubblicati sulla rivista “il fotografo” e esposti nella galleria romana di fotografia contemporanea Senza Titolo. Come avete avuto questa idea e perché avete preso questa decisione? A che tipologia di fotografi si indirizza il premio? Per un fotografo emergente quanto possono importanti le possibilità espositive come questa e che impatto possono avere sulla sua carriera?

Giorgio Di Noto: Questo premio è per noi una sfida molto importante. Lo scopo del concorso è infatti quello di promuovere nuovi lavori e nuovi fotografi, spesso giovani, che trovano sempre meno spazio. E per far questo abbiamo scelto due strade ben precise: la prima è quella della giuria, ovvero abbiamo coinvolto da una parte un insegnante di una scuola per l’aspetto, diciamo, didattico, dall’altra due fotografi molto noti, per l’aspetto professionale, e infine il direttore di una rivista per l’aspetto editoriale. Detto in altre parole, vincere e ricevere una presentazione e un commento del proprio lavoro da parte di una giuria così qualificata è più utile che ricevere centinaia di euro per aggiornare magari la propria attrezzatura. La seconda strada, che segue alla prima, è quella di offrire una prima diffusione del lavoro, per dare proprio una “spinta” al vincitore e favorirne la visibilità. La pubblicazione su una rivista a tiratura nazionale e l’esposizione in una galleria romana che si occupa di fotografia contemporanea, ci sono sembrati i mezzi migliori per promuovere i vincitori. Quello che ci auspichiamo è che col tempo il concorso acquisti prestigio e che vincerlo diventi un’importante nota nel curriculum di un fotografo.

Il concorso è rivolto a tutte le tipologia di fotografi, la quota di partecipazione è infatti molto bassa proprio per raggiungere più persone possibili. L’altra condizione che abbiamo posto è quella di consegnare o inviare fotografie solo stampate su carta, indipendentemente dalla tecnica fotografica utilizzata. Sarebbe impossibile, a mio avviso, valutare un reportage guardando una alla volta le foto su un monitor. Già questo secondo me selezionerà naturalmente lavori seriamente realizzati.

Alessandro Franchini: Partendo dal presupposto che un fotografo desideri sempre in fin dei conti esporre i propri lavori, ci sembrava la cosa più logica e interessante offrire come premio la possibilità di essere visti. Uno degli obiettivi del nostro concorso è offrire la possibilità a giovani fotografi di fare il passo giusto nella direzione giusta. Il concorso ne sia il trampolino di lancio.

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© Josh Goleman – Impossible Collection

Fabiano Busdraghi: Qualcuno dei prodotti più particolari che avete in catalogo.

Giorgio Di Noto: Prima su tutte la carta positiva Kraus, interessantissima per il foro stenopeico e per la stampa di diapositive bianco e nero, anch’esse in listino. Poi i prodotti per le tecniche antiche, come il kit Cianotipo, il kit per la stampa al Platino e l’emulsione della Rollei a contrasto variabile per fotosensibilizzare molti supporti. Ed infine i fogli Pictorico per i negativi digitali.

Alessandro Franchini: Sicuramente le nuovissime pellicole Impossible Project (Polaroid). Saranno disponibili a partire da fine Marzo con le prime pellicole in bianco e nero della linea SX-70 e 600.

Francesco Ferrara: I prodotti creativi della serie Rollei, dalle usa e getta all’emulsione fotosensibille, a gradazione variabile, Black Magic. Infine i prodotti Moersch come per esempio i kit per la lith printing.

 

Fabiano Busdraghi: Qualche anno fa, quando stampavo tantissimo con le tecniche antiche, era quasi impossibile trovare i Pictorico in Europa, adesso aggiorno subito la lista dei rivenditori di materiali per i negativi digitali!

Piccola nota nostalgica: qualche prodotto invece recentemente scomparso che ha lasciato un gran vuoto nel mondo della fotografia.

Giorgio Di Noto: La Carta fotografica Agfa. Un vero lutto per la stampa chimica. Ma a quanto pare ci sono delle belle novita’ a tal proposito…

 

Alessandro Franchini: Come accennava Giorgio la bella novità è che le nuove carte Adox sono praticamente le Agfa. Quindi le Agfa sono rinate. Le Adox sono state realizzate sugli stessi macchinari della Agfa con i tecnici della Agfa.

Francesco Ferrara: Innanzitutto mi vengono in mente per le loro particolarissime caratteristiche visive, le pellicole Polaroid a distacco della serie 665 e 55 per il grande formato. L’unicità e l’utilità fondamentale di queste pellicole era la resa tonale del bianco e nero dovuta alla possibilità di avere un delicatissimo negativo. Più in generale, la cessazione della produzione dell’intera gamma delle pellicole a estrazione e distacco della polaroid, serie 669, 668, 54 ecc, è davvero un lutto; infatti a breve termine non saranno più sperimentabili le possibilità creative, sfruttando la manipolabilità materica di queste particolarissime emulsioni tramite processi come emulsion lift, image transfer e le stampanti Polaroid. Rimanendo in tempo di fotografia istantanea bisogna assolutamente citare un prodotto altrimenti misconosciuto dal grande pubblico: le pellicole positive istantanee 35mm serie Polachrome e Polapan 135mm.

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Stampa Lith © Ars Imago

Fabiano Busdraghi: Qualche fotografo di cui apprezzate particolarmente il lavoro e perché.

Giorgio Di Noto: Trovo straordinario il lavoro di Arno Rafael Minkkinen sull’autoritratto e sul corpo in relazione al paesaggio. Sensazionale. Anche la maggior parte dei lavori di Hiroshi Sugimoto mi sono sempre piaciuti, anche se mi rendo conto che ormai sono passati. Per quanto riguarda le tecniche antiche trovo molto bravo il romano Massimo Attardi (che ho visto è stato segnalato anche su Camera Obscura) e il suo utilizzo della Gomma Bicromata.

Alessandro Franchini: Letizia Battaglia perché per me la fotografia non è solo immagine.

Francesco Ferrara Un nome su tutti Berengo Gardin. Può sembrare scontato ma ci tengo particolarmente dal momento in cui mi sono avvicinato alla fotografia seguendo un suo workshop. Oltre a Koudelka e a Kenna di cui apprezzo moltissimo lo stile e la tecnica, grazie a Camera Obscura ho scoperto un’artista di cui mi sono innamorato: Martha Casanave.

 

Fabiano Busdraghi: So che è una domanda cui è molto difficile rispondere, ma quale credete che possa essere il futuro della fotografia analogica tradizionale?

Giorgio Di Noto: Stento a credere che scomparirà, soprattutto per quanto riguarda il bianco e nero. Sono convinto che il digitale raggiungerà la qualità anche delle pellicole medio e grande formato, però non credo che questo determinerà la morte dell’analogico. Penso invece che le tecniche di camera oscura, in particolare quelle più antiche, stanno riavendo un discreto successo così come la Polaroid che è nuovamente in produzione.

Alessandro Franchini: Non è una domanda difficile. La fotografia analogica rimarrà quella che è sempre stata. Una tecnica di espressione artistica come tante altre. Ci saranno quelli che faranno fotografie in digitale, quelli solo con photoshop e quelli con pellicole. Ci saranno quelli che lavoreranno con le nuove Polaroid (Impossible Project). Ci saranno ancora quelli che useranno i pennelli per prepararsi le carte fotosensibili.

Di una cosa sono convinto la fotografia analogica sopravviverà alle medio formato digitali che lasceranno il posto alle reflex.

 

Per ulteriori informazioni si visiti il sito di Ars Imago e il nuovo blog Ars Imago.

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Manipolazione polaroid © Ars Imago
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