Negativo ridotto con Dupont 4-R
Negativo Adox ridotto con l'Eder's harmonizing reducer. Si noti l'apparire di tre bande orizzontali molto marcate e di una fine trama verticale. Quest'ultima era evidente anche prima della riduzione, mentre le bande orizzontali erano invisibili in stampa e sono apparse solo dopo il trattamento.

Il vantaggio dei negativi analogici sui negativi digitali è che si adattano molto più facilmente alla tecnica utilizzata, permettendo un margine maggiore di interpretazione.

I negativi digitali invece sono calibrati precisamente su di un insieme di variabili tenute costanti. In pratica funzionano correttamente per una certa scelta di carta, sensibilizzatore, metodo di asciugatura, etc ma danno pessimi risultati quando questi parametri variano, anche di poco. Ne consegue che i negativi digitali sono utili a partire dal momento in cui si è stabilito uno standard per una certa tecnica, mentre in fase di ricerca e sperimentazione è spesso più agevole utilizzare un negativo analogico, che incassa meglio le variazioni della tecnica di stampa.

Per questo motivo, anche se in generale stampo utilizzando negativi digitali oppure piccoli contatti da negativi 120mm, a volte mi capita di preparare negativi ingranditi. Il procedimento per ottenerli è lungo e complesso, sono necessari molti test per imparare ad ottenere un negativo perfettamente adatto ad una certa tecnica di stampa.

Durante i primi esperimenti avevo prodotto una serie di negativi ingranditi inutilizzabili ottenuti stampando per contatto un positivo su carta RC. I negativi avevano ombre completamente trasparenti e alte luci completamente opache, a causa del contrasto eccessivo dei positivi su carta. Visto che i negativi ideali per tecniche antiche sono di solito densi e con poche parti trasparenti, questi negativi ingranditi erano chiaramente instampabili: ombre completamente chiuse e alte luci completamente bruciate, anche utilizzando in stampa tempi di esposizione particolarmente lunghi.

Mi sarebbe piaciuto trovare un modo per ridurli e ottenere delle stampe da tutti questi negativi altrimenti inutilizzati.

Un giorno, sfogliando il libro “The darkroom cookbook” ho pensato di provare qualche formula di riduttore per negativi, un po’ per sperimentare, un po’ per vedere se riuscivo a riciclare questi negativi inutilizzabili.

Naturalmente avevo bisogno di un riduttore superproporzionale, ma una formula in particolare ha subito stimolato la mia curiosità, l’Eder’s harmonizing reducer di cui il libro dice:

Questo riduttore agisce in maniera speciale, intensificando le ombre e riducendo le alte densità. Usato per correggere negativi dal contrasto eccessivo.

Ovvero, almeno sulla carta, esattamente il riduttore di cui avevo bisogno. Una formula che permettesse di non lavare via quei pochi dettagli che restavano nelle ombre, anzi, di intensificarli, riducendo allo stesso tempo le alte luci impossibili da stampare.

Insomma, un sogno.

La formula e le istruzioni riportate sul libro sono le seguenti:

Acqua 750ml

Acido cloridrico (concentrato) 30ml

Dicromato di potassio 10g

Allume 50 g

Acqua per fare un litro 1l

Sbiancare completamente il negativo in questa soluzione e lavare fino a che il colore giallo è completamente eliminato. Sviluppare in un rivelatore lento, molto diluito (per esempio D-23 1:5), quindi fissare e lavare.

Ed ecco subito affollarsi mille questioni, ancora prima di cominciare:

  • Cosa significa precisamente “concentrato”?
  • “Allume” sta per “Allume di potassio”?
  • Le operazioni possono essere eseguite in luce normale o vanno svolte in luce inattinica?
  • Come indovinare i tempi di risviluppo per ogni negativo?

Su internet non ho trovato nessuna informazione a proposito di questo riduttore, ma sul forum di www.apug.org mi hanno detto che effettivamente posso usare l’allume di potassio e che l’acido muriatico ha una concentrazione di 6N, mentre l’acido cloridrico arriva a 12N.

Materiale e preparazione per la riduzione dei negativi

Su Wikipedia si dice che l’acido cloridrico a concentrazioni maggiori del 37% è un gas fumante, quindi non credo che si debba utilizzare un gas che superi questa concentrazione. Purtroppo quest’ultima risposta è arrivata dopo che avevo fatto i miei test, con una soluzione di acido cloridrico molto meno concentrata (0.1N), soluzione che ha comunque funzionato lo stesso.

Se i miei ricordi di chimica sono corretti una soluzione 0.1N di acido cloridrico equivale a una contrazione di 0.1M, ovvero a 36,5g di acido per litro di soluzione. Visto che la densità dell’HCl è di 1,64g/ml questa corrisponde ad una soluzione circa 0,2%, ovvero 60 volte più diluita dell’acido cloridrico concentrato. Facendo le proporzioni, 500ml di soluzione 0.1N contengono circa 1ml di acido puro, mentre 30ml di acido concentrato ne contengono circa 10ml. Se tutti questi calcoli sono corretti ho usato quindi un decimo dell’acido cloridrico indicato nella formulazione originale. In ogni caso il preparato sembra funzionare ugualmente.

Ho messo in un miscelatore circa 300ml di acqua del rubinetto a cui ho aggiunto (sempre aggiungere l’acido nell’acqua e mai viceversa) 500ml di acido cloridrico 0.1N. Le dosi sono approssimative, ma visto che la ricetta non da nessuna indicazione della concentrazione richiesta non ho potuto far nessun calcolo di equivalenza. In ogni caso, vista la pericolosità dellacido cloridrico, preferisco maneggiare soluzioni poco concentrate.

A questa soluzione ho aggiunto il dicromato di potassio e l’allume di potassio secondo le indicazioni del libro. Ho quindi seguito le istruzioni, in luce diurna, e questo non sembra causare nessun tipo di problema.

I negativi sono dei film Adox sviluppati in ID11 diluizione B con tempi variabili da 1 a 5 minuti, dal contrasto veramente eccessivo.

Ho risviluppato utilizzando Perceptol diluito 1+4. Questo è uno sviluppo che dovrebbe assomigliare al D-23, che non è più in commercio (anche se, volendo, la formula è riportata su The darkroom cookbook).

Osservazioni sul comportamento dell’Eder reducer

I negativi vengono sbiancati dal Eder’harmonizer reducer in qualche minuto. Ho notato che però il potere della soluzione decresce abbastanza velocemente. Dopo aver sbiancato una decina di negativi 24x30cm sono necessari più di 10′, mentre il primo è stato sbiancato in meno di un minuto. Questo forse è dovuto al fatto che uso una soluzione poco concentrata in acido cloridrico.

Non ho notato nessuna macchia gialla come descritto dal libro. I negativi sbiancati hanno un colore grigio verde pallido e questo non cambiano di colore nemmeno dopo un’ora di lavaggio.

Il risviluppo mi è sembrato completo al passare di 2-5 a seconda dei negativi. Il fatto di poter lavorare in luce diurna permette di estimare abbastanza facilmente il negativo, ma naturalmente il metodo resta molto approssimativo. Del resto se si fa sensitometria accurata si spera di non aver mai bisogno di ridurre dei negativi.

Il colore dei negativi risviluppati è bruno e ricorda in un certo modo le pellicole sviluppate al pirogallolo. Questo mi ha fatto pensare che negativi di questo genere avrebbero filtrato molto gli ultravioletti dando tempi di esposizione particolarmente lunghi. In realtà non è successo, quindi sembra che la colorazione avvenga soprattutto nel visibile, o comunque non interessi la lunghezza d’onda cui sono sensibili le soluzioni cianotipo e Van Dyke.

Nella bacinella di risviluppo si deposita uno strato grigio d’argento molto più velocemente di quello che si ottiene di solito nelle bacinelle di sviluppo. In ogni caso grattando un poco è facile rimuoverlo.

Problemi del Dupont 4-R

Durante il risviluppo ho notato diverse macchie e irregolarità nei negativi. Assomigliano alle striature che avevo ottenuto con il vecchio viraggio a specchio della Tetenal quando il bagno non veniva agitato correttamente.

Non sapendo bene se derivano dallo sviluppo o dal riduttore ho provato a preumidificare i negativi prima di ridurli e mi pare che questo migliori leggermente la situazione. Un’agitazione continua e vigorosa nel risviluppo sembra eliminare quasi completamente il problema.

Nonostante questo ho notato un altro tipo di macchie, molto diverse dalle prime. Delle linee rette molto marcate, forse problemi dei film Adox.

In ogni caso entrambi i difetti sono molto visibili nelle zone uniformi, rendendo inutilizzabili i negativi che non contengono molti dettagli.

Risultati della riduzione dei negativi

Il riduttore sembra veramente fare quello che promette: ridurre le forti densità e intensificare le deboli. Devo ammettere che non ci credevo fino a che non l’ho visto con i miei occhi.

La maggior parte dei film ridotti ha dato stampe decenti in cianotipo. Si ottiene un aumento della spalla della curva del negativo, e in molti casi le luci, anche se diventano stampabili in tempi ragionevoli, sono piatte e sporche. In altri casi però i negativi danno stampe più che accettabili.

Ho stampato con un amico una serie di cianotipi di sue immagini degli ultimi frammenti del muro di Berlino. Negativi prima instampabili, con alte luci lavate anche dopo 40′ sotto gli UV, hanno dato ottimi risultati in 12′. In uno dei miei ritratti invece la stampa finale è appena passabile, con alte luci sporche e piatte.

Conclusioni sul Dupont 4-R, Eder’s harmonizing reducer

I pochi esperimenti che ho fatto con il Dupont 4-R, Eder’s harmonizing reducer hanno sicuramente superato tutte le mie aspettative. Questo riduttore permette di salvare negativi veramente inutilizzabili, anche se non può fare miracoli, e a volte i risultati sono mediocri. Dipende moltissimo dall’immagine e dal negativo, per quanto riguarda la serie dei muri, il risultato è veramente più che soddisfacente e il riduttore ho permesso di salvare molti negativi altrimenti instampabili.

L’unico vero problema sono le macchie ottenute durante il risviluppo. Sebbene un’agitazione importante sembra eliminare le piccole striature dal film, rimangono delle linee nette molto spiacevoli, che rende impossibile la stampa di immagini con ampie zone uniformi.

Rimane da verificare se questi problemi dovuti a difetti dei film Adox, al prodotto di risviluppo usato (Perceptol) o alla particolare formulazione del riduttore. L’utilizzo di una quantità maggiore di acido cloridrico infatti permette di ottenere un riduttore che più si avvicna alla formula descritta in The darkroom cookbook e far sparire il problema.

In ogni caso l’esperienza dimostra il detto caro agli stampatori di tecniche antiche: “non buttare mai nulla, un giorno troverai un modo per usare ognuno dei tuoi scarti”! In questo caso, qualche negativo instampabile, è stato ridotto in maniera soddisfacente dando stampe al di là di ogni aspettativa.