liu zheng

Diao chan – © Liu Zheng

Liu Zheng è un fotografo di origine cinese che ha a lungo ritratto una Cina lontana dalle immagini ufficiali, dallo sviluppo, dalla modernizzazione. Fotografie di monaci Taoisti dai volti scolpiti di rughe, di budda imprigionati in gabbie posate in un nulla nebbioso, cadaveri disseccati di feti umani, minatori dal volto nero e stanco, personaggi che sembrano pazzi e vagamente deformi… il tutto con un bel bianco e nero classico e dal sapore antico.

Questo gusto per un mondo diverso e vagamente morboso si è poi ulteriormente sviluppato in una serie di fotografie di messe in scena di ampio respiro, con diversi personaggi rappresentati, di solito uomini e donne nude implicate in scene erotiche più o meno esplicite e allusive. Il tutto in una coreografia ridondante e barocca, che ricorda molto certe fotografie di Witkin, anche per l’uso molto simile del bianco e nero, dei fondali teatrali, delle modifiche della superficie dell’emulsione.

Liu Zheng

Wang Zhaojun – © Liu Zheng

Entrambe queste serie mi piacciono molto, sia per i temi che per la realizzazione, ma il lavoro di Liu Zheng che è più vicino al mio gusto fotografico attuale è “Le quattro bellezze”.

Una specie di evoluzione naturale delle messe in scena erotiche, dove ancora si ritrovano i nudi femminili e la presenza di diversi personaggi in interazioni complesse. Questa volta però si tratta di foto a colori, pulitissime e impeccabili. Stampe di grande formato, dalle composizioni estremamente eleganti e grande ricchezza di dettagli. All’interno di ognuna delle quattro fotografie che compongono la serie è infatti possibile ritagliare decine e decine di fotografie che non sfigurerebbero minimamente come immagini isolate, sufficienti a se stesse.

Liu Zheng

Xi shi – © Liu Zheng

Questa è una delle caratteristiche che più mi attira in “Le quattro bellezze” di Liu Zheng. Questa sovrabbondanza di bellezza, questo fasto ai limiti del lusso, riunire in una sola imagine tutta la bellezza, la composizione, la luce e la cura che di solito sono necessarie per decine di fotografie diverse. In ogni fotografia non c’è un’unica scena in atto, ma una molteplicità di azioni più o meno concatenate o slegate fra loro, che creano un continuom dinamico particolarmente avvolgente. Non si sa mai se la scena principale è quella dell’uomo che cerca di strangolare il ragazzo con una corda, la fanciulla sdraiata con le gambe divaricate, il vecchio in ginocchio che sembra suicidarsi con la sua spada.

Un’altra particolarità rispetto agli altri lavori di Liu Zheng è che le scene sono tutte in costumi antichi, di grande ricchezza e bellezza. Personalmente ho sempre amato i libri e i film di questo genere, anche se di qualità obiettivamente non eccelsa ho sempre avuto un’attrazione speciale per le storie di spade e cavalieri. E in particolar modo ho sempre amato i film cinesi di arti marziali, specialmente quelli che raccontano storie antiche. Queste fotografie di Liu Zheng mi fanno ricordano con prepotenza tutte queste emozioni e questi ricordi cinematografici, mi fanno pensare in modo confuso a Hero e La foresta dei pugnali volanti di Zhang Yimou, a L’imperatore e l’assassino di Chen Kaige, The warlords di Peter Chan o Three Kingdoms: Resurrection of the Dragon di Daniel Lee, giusto per citarne qualcuno.

Liu Zheng

Yang Guifei – © Liu Zheng

Non so se le fotografie di Liu Zheng rappresentano fatti storici reali ben noti in Cina, o romanzi e leggende famose nel regno di mezzo. Non mi interessa poi tanto. Per amare queste fotografie mi basta guardarle e perdermici dentro, in un viaggio di fantasia in un tempo e in un regno che forse non è mai esistito.